mercoledì 1 ottobre 2008

Non è mai troppo tardi


tratto da
E' ora di cambiare
di Ferruccio de Bortoli

La stampa è in crisi e anche i giornalisti non si sentono tanto bene. Negli ultimi 15 anni internet è cresciuto, in termini di innovazione di linguaggi e di lettori, molto più velocemente della cultura digitale dei giornalsti.
Che il malessere della categoria (che si riflette nella disaffezione dei lettori) sia un tema caldo da affrontare con urgenza è misure radicali è opinione di Ferruccio de Bortoli, direttore de il Sole 24 Ore ed ex direttore del Corriere della Sera. De Bortoli affronta la questione con coraggio e senza mezzi termini: «Siamo diventati più servi e concubini del potere, facciamo più parte del gioco. Vogliamo fare politica, influenzare la formazione di nuovi partiti e coalizioni, rifare la legge elettorale. Dovremmo invece tornare a fare esclusivamente i giornalisti, che è giá tanto».
La lucida analisi della professione è il focus dell'ultimo libro di Ferruccio de Bortoli (L'informazione che cambia, Editrice La Scuola, nella collana «Interviste» diretta da Paola Bignardi). Centoventi pagine che fotografano la situazione difficile dei media in Italia, l'accesso alle fonti e la loro verifica, il giornalismo multimediale, le potenzialitá legate al connubio rete e carta, ma che a tratti diventano un j'accuse contro la categoria di cui l'agenzia AdnKronos ha anticipato ampi stralci.

«Il dramma di fondo» - sottolinea de Bortoli - «è che a volte non siamo più neanche tanto giornalisti, ma un grande ufficio stampa». Non mancano giudizi taglienti su un modo purtroppo sempre più diffuso di lavorare: «Sempre più un copia e incolla. Acritico, distratto, sciatto». I giornalisti - dice de Bortoli - devono sbagliare di meno, difendere con più forza il valore dell´indipendenza delle redazioni, presidiare con più convinzione il web «prima che sia troppo tardi».

Non mancano le denunce verso il mondo degli editori, che non di rado hanno interessi al di fuori dell´editoria e usano la stampa per «dare lustro a tutta una serie di posizioni personali o come scudo in vicende giudiziarie o ancora come arma di pressione nei confronti di enti locali». Ovviamente ce n'è anche per i politici che resistono raramente alla tentazione di mettere un bavaglio alla stampa. «Trovo scandaloso» - dice de Bortoli a proposito del disegno di legge sulle intercettazioni - «cercare di impedire che si scriva di inchieste nel loro formarsi, cioè che si possa parlare di indagini penali soltanto nel momento in cui queste vengono completate. In base a questa logica, non avremmo potuto parlare tre anni fa delle indagini sui "furbetti del quartierino" e più recentemente dello scandalo delle cliniche».

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