tratto da www.antoniodipietro.it
9 Settembre 2008
Querele elettorali
Il nostro primo ministro Silvio Berlusconi deve pagare 25.000 euro di spese processuali al settimanale britannico l'Economist secondo quanto deciso dal tribunale di Milano. La notizia è passata in sordina. Delle nostre testate nazionali, Repubblica ne ha fatto timidamente menzione a pagina 13 lo scorso 6 settembre affiancando la notizia alla foto del Presidente del consiglio che abbraccia campioni olimpici e delira dicendo di averci salvato dal ritorno del comunismo. Le altre testate il silenzio, nel timore di rompere il clima idilliaco tra governo e ombra di governo. Certamente ad Emilio Fede la notizia nessuno l'ha detta, agli altri Tg forse è sfuggita.
Il 26 aprile 2001 in un articolo copertina dal titolo "Perchè Berlusconi non è adatto a guidare l'Italia"(leggi l'articolo tradotto) si criticava il futuro Presidente del consiglio per essere al centro di un conflitto di interessi, si analizzava il suo impero commerciale e si numeravano i processi in corso contro di lui. Silvio Berlusconi allora partì all’attacco con una querela per diffamazione. Si trattava di un'edizione pubblicata poco prima delle elezioni che alla fine vinse. Poco importa che la querela non avesse alcun fondamento, servì a fare campagna elettorale, a mostrare i muscoli agli italiani. Anche a costo di una figuraccia internazionale dopo 7 anni, tanto, avrà pensato gli italiani dimenticano e i media aiuteranno a non ricordare. El Pais, lo stesso Economist, Reuters e altre fonti internet però la notizia la hanno riportata signor Presidente.
Gli argomenti dell'Economist rientrano pienamente nel "libero ed insindacabile esercizio del diritto di manifestazione del pensiero riconosciuto e tutelato dall'art.21 Cost.", ha scritto il giudice nella sentenza del 26 agosto di quest'anno (leggi la sentenza).
La gravità della querela depositata nel luglio 2001 da Silvio Berlusconi non è la sentenza dall'esito scontato leggendo l'articolo in questione, ma il fatto che debba essere un giudice a ricordare a colui che di lì a poco sarebbe diventato Presidente del Consiglio, e che oggi dopo 7 anni lo è nuovamente, cos'è l'articolo 21.
Attendiamo il ricorso preannunciato dal nostro Presidente del Consiglio ricordandogli che la stampa degli altri paesi occidentali non è quella della mitraglia mimata nella visita dell'ex premier sovietico Vladimir Putin e che la magistratura italiana non è ancora malleabile come il ministro della (sua) giustizia Angelino Alfano.
Una storia italiana
[The Economist]
Ci si aspetta che Silvio Berlusconi, l’imprenditore più ricco d’Italia, venga eletto nuovamente Presidente del Consiglio, dopo le elezioni del mese prossimo. Tuttavia, è ancora bloccato in una serie di battaglie legali. Le sue compagnie hanno utilizzato denaro proveniente da fonti non rintracciabili - ed è persino accusato di legami con la Mafia.
Il 20 aprile [2001, N.d.R.] in una spoglia aula di tribunale di Milano, tre giudici si sono riuniti per l’udienza di un importante processo. Il caso riguardava l’accusa di corruzione di giudici. Affissa alla porta c’era la lista degli imputati. Il primo nome era quello di Silvio Berlusconi.
Questo caso illustra in maniera vivida come Berlusconi non si sia lasciato alle spalle i propri problemi con la giustizia. Poco prima di diventare Presidente del Consiglio per la prima volta, a maggio 1994, il suo impero commerciale, Fininvest, fu indagato nell’ambito dell’inchiesta “Mani Pulite”. Questa operazione, lanciata dai magistrati di Milano nel 1992, ha smascherato le radici profonde della corruzione nella politica, nella burocrazia e nelle imprese italiane.
Quando Berlusconi ha fondato il suo partito politico, Forza Italia, nel 1993, poco si sapeva dei suoi metodi nel fare affari. Si proponeva agli italiani come l’uomo che si è fatto da sé e che ha costruito un potente impero televisivo spezzando il monopolio della televisione di stato italiana, la RAI. Raccontò loro di rappresentare un taglio netto con il passato corrotto del paese.
Dal 1994, tuttavia, i magistrati hanno indagato su molte accuse mosse contro Berlusconi, incluso il riciclaggio di denaro sporco, l’associazione mafiosa, l’evasione fiscale, il concorso in omicidio e la corruzione di politici, magistrati e Guardia di Finanza. Berlusconi, che nega vigorosamente tutte le accuse, sostiene che giudici di sinistra dominino la magistratura, e che Mani Pulite era mossa da intenti politici. Come c’era da aspettarsi, i suoi più stretti alleati fanno eco a queste affermazioni. “Berlusconi è stato perseguitato dall’inizio del 1993. C’è del marcio nel sistema giudiziario” ha detto Fedele Confalonieri, amico di vecchia data e presidente di Mediaset, il gruppo televisivo di Fininvest.
Un anziano giudice britannico, Lord Simon Brown, nel 1996 ha espresso un’opinione piuttosto diversa. Il caso riguardava un tentativo fallito di Berlusconi di impedire che i magistrati italiani mettessero le mani su alcuni documenti sequestrati dal Serious Fraud Office britannico [Ufficio contro le frodi gravi, N.d.T.]. I magistrati avevano bisogno di quei documenti come prova, in un processo sul finanziamento illecito ai partiti, mentre Berlusconi sosteneva che l’accusa aveva intenti politici. “Si è trattato di un uso improprio del linguaggio” ha detto Lord Brown “attribuire “scopi politici” all’operato dei magistrati o definire il loro atteggiamento nei confronti di Berlusconi “una persecuzione politica”; (…) la magistratura sta dimostrando (…) equità nel trattare i politici di ogni schieramento. E’ in un certo senso ironico che tutti vogliano essere considerati imputati politici per reati commessi in parte quando Berlusconi stesso era al potere. (…) Non posso proprio considerare “prigionieri politici” (…) coloro che agirono attivamente nella corruzione politica.”
Ma Berlusconi ha una seconda linea di difesa. “L’Italia non è un paese normale. Perfino un’anomalia come Berlusconi deve essere compresa all’interno del contesto italiano. Non ha fatto nulla di peggio di qualunque altro imprenditore italiano” dice Confalonieri.
Di fatto, molti italiani, e non tutti di destra, sono d’accordo. Berlusconi, dicono, ha fatto quello che tutti gli uomini d’affari hanno dovuto fare per farsi strada: pagare chiunque fosse stato in grado di dare una mano, compresi politici e magistrati. Sostengono che la colpa di Berlusconi sia semplicemente di essere più intelligente e di essersi arricchito di più dei suoi rivali. D’altra parte, aggiungono, cosa facevano gli stessi magistrati prima di Mani Pulite, quando erano notoriamente inattivi nel perseguire pezzi grossi?
Altri non sono d’accordo. “E’ andato oltre al limite accettabile nel fare affari in Italia” ha commentato un importante banchiere italiano.
Gli ingranaggi della giustizia
Tre sono le cose necessarie per capire appieno il contesto della selva giudiziaria di Berlusconi. Prima di tutto, in seguito ad un’accusa di reato, in Italia il magistrato ha l’obbligo di esercitare l’azione penale. Le indagini possono durare fino ad un massimo di due anni senza che ci sia un’accusa formale. In secondo luogo, una volta formalizzata l’accusa, il sistema giudiziario si muove lentamente: un processo può durare anni, così come il processo d’appello. Infine, l’imputato non è considerato colpevole fino alla sentenza finale.
Berlusconi non ha nessuna condanna definitiva per ora, ma solo tre dei nove processi contro di lui hanno raggiunto la sentenza finale. Nell’unico caso in cui si conosce la sentenza finale, riguardo finanziamenti illeciti a politici, il tribunale non l’ha dichiarato innocente. Ha confermato la sentenza d’appello che, a causa del lasso di tempo trascorso, aveva applicato la prescrizione. Per il codice penale italiano, questa estingue di fatto il reato.
Tutti i problemi di Berlusconi nascono dalla sua carriera di imprenditore, che è iniziata negli anni ‘60. Quando è entrato in politica, ha abbandonato la direzione di tutte le compagnie Fininvest eccetto il Milan, la squadra di calcio. Tuttavia, continua a detenere il controllo maggioritario delle azioni e almeno uno dei suoi due figli più grandi siedono nel Consiglio di Amministrazione di tutte le compagnie dell’impero.
La struttura di quell’impero non è nota neppure ora ed è stata addirittura più oscura in passato. Ventidue proprietà finanziarie, ognuna della famiglia Berlusconi, controllano il 96% della proprietà maggiore, Fininvest.
LA TABELLA DELLE ACCUSE: i processi di Berlusconi in Italia. Fonte: The Economist [aggiornati al 2001, N.d.R.]
Processo | Data | Accusa | Esito | Condanna | Primo Appello | Secondo Appello |
All Iberian | 1996 - 1999 | Finanziamento illecito ai partiti | Colpevole | 28 mesi di carcere | Prescritto ŧ | Prescritto ŧ |
Fininvest e altro | 1996 - 2000 | Quattro accuse di corruzione; tangenti a pubblico ufficiale | Colpevole | 33 mesi di carcere | Prescritto per 3 capi d’accusa ŧ. Assolto per il quarto | In corso |
Medusa | 1997 - 2000 | Falso in bilancio | Colpevole | 16 mesi di carcere | Assolto | Non ancora di pubblico dominio |
Villa Macherio | 1998 - 1999 | Appropriazione indebita; frode fiscale; falso in bilancio | Prescrittoŧ | | Beneficiato dell’indulto | |
Holding Fininvest | 1998¹ | Falso in bilancio | In corso | | | |
Mondadori | 2000² | Corruzione giudiziaria | Prosciolto § | | | |
Acquisto del calciatore Lentini | 2001 | Falso in bilancio | | | | |
SME | 2000 | Corruzione giudiziaria | In corso | | | |
Gruppo Fininvest | ³ | Falso in bilancio | | | | |
Telecinco (Spagna) | | Frode fiscale; violazione della legge antitrust | Indagini preliminari in corso | | | |
Legenda:
¹ Il processo è ri-iniziato per la terza volta nel marzo 2001
² Udienza preliminare
³ I PM hanno fatto richiesta di rinvio a giudizio
ŧ Il codice penale italiano prevede che la decorrenza dei termini di giudizio (prescrizione) estingue il reato.
§ I PM sono ricorsi in appello. In corso.
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La maggiore risorsa di Fininvest è senza dubbio il pacchetto maggioritario di Mediaset, del valore di 13,1 miliardi di lire [nel 2001, N.d.T.]. La televisione terrestre in Italia è dominata da due gruppi: Mediaset e la statale RAI. Tra loro, le tre reti di Berlusconi (Canale 5, Italia 1 e Retequattro) dominano il 43% dell’audience nazionale e oltre il 60% dei contratti pubblicitari.
La televisione è solo una parte dell’impero mediatico di Berlusconi. Possiede la quota di maggioranza in un’altra compagnia quotata in Borsa, la Mondadori, che è il gruppo editoriale più grande d’Italia. La sezione libri controlla il 30% circa del mercato nazionale; la sezione periodici, con circa 50 titoli, ne controlla il 38%. La famiglia Berlusconi possiede inoltre uno dei più importanti quotidiani nazionali, Il Giornale.
Fininvest possiede anche il 36% di Mediolanum, una compagnia di servizi finanziari in rapida espansione fondata da Ennio Doris nel 1982 con l’appoggio finanziario di Berlusconi. Mediolanum e’ entrata in Borsa nel 1996. E Fininvest possiede un gruppo di compagnie in perdita, come il portale internet Jumpy, lanciato proprio quando la bolla informatica stava per scoppiare, e Pagine Utili, una compagnia di elenchi telefonici in difficoltà.
LA SITUAZIONE DELL’IMPERO: le proprietà della Fininvest.
Compagnia | Settore | Percentuale posseduta da Fininvest | Percentuale della Fininvest per capitalizzazioni del mercato± | Profitti in miliardi di lire§ |
Mediaset* | televisione | 48.3 | 13.1 | 4,576.6 |
Mediolanum* | servizi finanziari | 36.2 | 6.7 | 3,630.5 |
Mondadori* | editoria | 50.3+ | 2.7 | 2,870.8 |
AC Milan | calcio | 99.9 | - | 237.7 |
Medusa | film | 100.0 | - | 220.7 |
Blockbuster Italia | video noleggio | 51.0 | - | 156.0 |
Pagine Italia | elenchi telefonici | 100.0 | - | 146.9 |
Edilnord | edilizia | 63.3 | - | 114.5 |
Newmedia | internet | 100.0 | - | 0.9 |
Legenda:
* Compagnie quotate
+ Di azioni ordinarie
± 24 Aprile 2001
§ Anno 2000 per le compagnie quotate; anno 1999 per le compagnie private
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La pista dei soldi
Berlusconi si è fatto le ossa come costruttore edile a Milano e dintorni. Alla fine degli anni ‘60 ha avuto l’idea di creare Milano 2, una città-giardino con 3500 appartamenti. Fu costruita nella periferia est di Milano sotto la scia degli aerei in partenza dal vicino aeroporto di Linate. L’area divenne ancora più appetibile quando il traffico aereo fu misteriosamente spostato sopra ad altre zone residenziali.
Questo non è l’unico mistero. Compagnie in Svizzera, dove è impossibile risalire al beneficiario reale in caso di prestanomi, hanno immesso 4,1 miliardi di lire (33,5 miliardi di lire al valore del 2001) di capitale nelle compagnie italiane responsabili di Milano 2. Di conseguenza, sulla carta, il progetto non era di proprietà di Berlusconi, ma di terzi anonimi.
Funzionari della Banca d’Italia sospettavano che dietro alle compagnie svizzere ci fosse Berlusconi. A quel tempo, tenere capitale all’estero all’insaputa delle autorità era un reato previsto dal codice penale. Una squadra della Guardia di Finanza, capeggiata da Massimo Berruti, indagò nel 1979, ma concluse che Berlusconi non fosse il reale beneficiario delle compagnie svizzere, nonostante le prove che Berlusconi avesse personalmente garantito prestiti bancari alle compagnie italiane. Il capo di Berruti firmò la relazione ufficiale. Come Berlusconi, anche lui apparteneva alla famigerata loggia massonica P2. Immediatamente dopo questa indagine, Berruti lasciò la Guardia di Finanza e divenne un avvocato di Berlusconi. Ora è membro parlamentare di Forza Italia.
Milano 2 ha visto nascere l’impero televisivo di Berlusconi. Nel 1978, egli lanciò un canale via cavo per Milano 2, chiamato Telemilano. Il progetto divenne assai più ampio. L’ambizione di Berlusconi era di sfidare il monopolio RAI sui contratti pubblicitari televisivi, per i quali vi era un’impennata di richieste. Telemilano diventò Canale 5 nel 1980.
C’era un grande ostacolo: solo la RAI poteva trasmetter su territorio nazionale. Sebbene la televisione commerciale privata mancasse per la maggior parte di regolamenti, una sentenza di tribunale del 1980 permise ai canali privati di trasmettere solo su scala locale. Ma Berlusconi trovò presto il modo di aggirare la sentenza. Acquistò programmi, soprattutto film e soap opera americani, e li offrì a prezzi ridotti alle piccole stazioni televisive regionali. Berlusconi ricavò i guadagni delle inserzioni pubblicitarie precedentemente registrate. Tutte le stazioni che trasmettevano sul circuito Canale 5 si accordarono per trasmettere gli stessi programmi agli stessi orari. In questo modo, Berlusconi si assicurò il pubblico su scala nazionale.
Come ha fatto Berlusconi a finanziare il suo nascente impero televisivo? In parte attraverso prestiti bancari. Ricevette un grosso aiuto dalle banche pubbliche, che fornirono prestiti maggiori di quello che Fininvest sembrava meritare. Ma il resto non è per niente chiaro. Nel 1978, anno di nascita del suo gruppo televisivo, Berlusconi formò 22 holding finanziarie che controllano Fininvest. Dal 1978 al 1985, 93,9 miliardi di lire di allora (387 miliardi di lire nel 2001) presumibilmente provenienti da Berlusconi sono confluiti nelle 22 compagnie.
Nel 1997, un finanziere con legami mafiosi ha accusato Berlusconi presso magistrati siciliani, per aver usato 20 miliardi provenienti dalla Mafia per costruire il suo impero televisivo. I magistrati chiesero alla Banca d’Italia di aiutare la procura anti-Mafia nelle indagini. Due funzionari trascorsero 18 mesi rastrellando gli azionisti e i dati bancari e finanziari delle 22 compagnie. L’Economist ha una copia dei loro rapporti: oltre 700 pagine. Le due scoperte principali sono sconcertanti.
La prima è la mancanza di trasparenza di Berlusconi riguardo alle due compagnie fiduciarie che ha creato come detentori formali delle sue azioni nelle 22 compagnie. Le società fiduciarie erano affiliate alla Banca Nazionale del Lavoro (BNL), una banca importante. Berlusconi ha immesso i soldi nelle compagnie non attraverso BNL, bensì attraverso due banche italiane poco conosciute. In questo modo, le compagnie fiduciarie di BNL non sapevano con chiarezza la provenienza ultima di questi fondi. Nel 1994, i manager di BNL erano così preoccupati da questo fatto che eseguirono due ispezioni sui rapporti di BNL con le 22 compagnie. Queste ispezioni hanno rivelato ulteriori anomalie, come ad esempio la vendita di azioni ufficializzata unicamente dalla parola di Berlusconi, senza alcuna documentazione formale. Per esempio, quando vendette le azioni di una delle società ad una fiduciaria Fininvest per 165 miliardi di lire, i fondi non passarono assolutamente attraverso le compagnie fiduciarie. Di conseguenza, non avevano idea di come, o addirittura se, il compratore avesse pagato le azioni.
La seconda scoperta è che le fonti che hanno finanziato le 22 compagnie non posso essere rintracciate. Tre sono le ragioni. Primo, 29,7 miliardi di lire erano stati pagati in contanti, o con disponibilità liquide. Secondo, gli investigatori non avevano trovato alcuna documentazione nell’archivio delle due compagnie fiduciarie, delle banche o delle società che giustificasse 20,6 miliardi di lire. Terzo, Berlusconi era solito far muovere i soldi in maniera circolare.
Perché Berlusconi operava in questo modo? Gli investigatori erano esterrefatti. Una compagnia, Palina, presumibilmente di terzi, aveva mandato 27,7 miliardi di lire alle compagnie fiduciarie, che avevano poi girato questa somma alle società. Da lì, i fondi arrivarono a Fininvest, e poi, attraverso una affiliata della Fininvest, tornarono a Palina. Tutte queste transazioni avvennero lo stesso giorno nella stessa banca. Gli investigatori scoprirono che dietro a Palina c’era Berlusconi. Aveva utilizzato un 75enne colpito da infarto come prestanome. Poco dopo questa transazione, Palina fu liquidata. I suoi libri contabili erano intonsi.
Perciò, la vera provenienza dei 93,9 miliardi di lire che arrivarono nelle casse delle 22 holding nel periodo 1978-1985 rimane un mistero che solo Berlusconi può svelare. Gli abbiamo mandato una richiesta per iscritto, ma si è rifiutato di rispondere. Una lettura attenta dei rapporti suggerisce che l’ipotesi del riciclaggio di denaro non può essere esclusa. Banca Rasini, una delle piccole banche utilizzate da Berlusconi e in passato datore di lavoro di suo padre, salta fuori nelle inchieste per riciclaggio di denaro negli anni ‘80. Ma gli investigatori dell’anti-Mafia non riuscirono a trovare le prove per sostenere le accuse che avevano dato il via alle loro ricerche. Ovviamente sperarono di produrre un secondo rapporto, ma il limite di tempo per le indagini fu raggiunto.
Un amico è sempre un amico
Dopo aver acquistato i privati che gli facevano maggior concorrenza, Italia 1 nel 1983 e Rete 4 nel 1984, Berlusconi si era assicurato il monopolio virtuale della televisione privata. Per aggirare la legge e trasmettere su scala nazionale, aveva bisogno dell’aiuto dei suoi amici politici. Nessuno lo aiutò maggiormente di Bettino Craxi, il quale era diventato leader del partito socialista bel 1976 e Presidente del Consiglio nel 1983. Berlusconi, attraverso due dei sue canali maggiori, offriva una potente arma politica.
Ad ottobre 1984, ufficiali in svariate città italiane chiusero le sue stazioni televisive perché trasmettevano illegalmente. Questo rappresentava un potenziale disastro per Fininvest, pesantemente indebitata. Nel giro di pochi giorni, Craxi, morto in Tunisia nel 2000 dopo essere stato condannato “in absentia” all’incarcerazione per corruzione, firmò un decreto legge che permetteva ai canali di Berlusconi di restare in onda. Dopo qualche scaramuccia parlamentare, il decreto divenne legge. Il decreto Craxi non prendeva provvedimenti contro la concentrazione di proprietà. Neppure la legge Mammì (dall’allora Ministro delle telecomunicazioni Oscar Mammì), creata nel 1990. Fatta su misura per i bisogni di Berlusconi e dei suoi tre canali nazionali, prevedeva che nessun gruppo potesse possedere più di tre dei 12 canali che sarebbero stati dati in licenza. Il governo di coalizione di allora, che dipendeva pesantemente dal partito socialista di Craxi, approvò questa legge nonostante 5 ministri avessero rassegnato le dimissioni in segno di protesta. Di fatto, questa legge sanciva il duopolio tra Mediaset e RAI. Nel 1991 e nel 1992 Berlusconi versò un totale di 23 miliardi di lire sui conti offshore di Craxi da una parte clandestina dell’impero Fininvest, conosciuta come All Iberian.
Seguendo le piste delle indagine che partivano dai conti bancari di Craxi, i magistrati scoprirono una fitta rete di compagnie Fininvest nascoste, incorporate nei paradisi fiscali delle Isole Vergini e le Channel Islands. Queste compagnie non figuravano come affiliate al gruppo Fininvest. Secondo i magistrati, Berlusconi nel 1993 aveva firmato una lettera per i propri controllori nella quale dichiarava falsamente quelle compagnie come non facenti parte del gruppo Fininvest.
I PM dicono di aver scoperto una vasta frode internazionale, perpetrata per volere di Berlusconi, al fine di convogliare fondi molto consistenti da Fininvest verso compagnie segrete in paradisi fiscali. Secondo loro Fininvest ha utilizzato diverse stratagemmi finanziari fraudolenti. Le compagnie offshore, sostengono i PM, hanno utilizzato questi fondi per ogni genere di attività illegale, come ad esempio per comprare, attraverso terzi, azioni delle compagnie del gruppo Fininvest, apparentemente con l’intenzione di gonfiare il prezzo delle stesse. Che questa operazione fosse una farsa risultava evidente dal fatto che le azioni, della tipologia “al portatore”, rimasero tutto il tempo nelle mani dello stesso fiduciario.
Un compratore vero di azioni al portatore di una compagnia quotata in borsa difficilmente le lascerebbe in custodia alla stessa persona utilizzata dal venditore.
Interessi nei paradisi fiscali
Un altro pilastro dell’accusa è che le compagnie offshore venissero utilizzate per accumulare pacchetti azionari segreti delle compagnie televisive in Italia e in Spagna. I PM dicono di essere in possesso di prove schiaccianti. La legge Mammì esigeva che Berlusconi vendesse il 90% del proprio pacchetto Telepiù, una rete televisiva a pagamento da lui fondata nel 1990. Nonostante ciò, secondo l’accusa, Berlusconi ha mantenuto il controllo della sua parte fino al 1994 attraverso le sue compagnie offshore. Stipulò contratti con i suoi soci in modo che essi gli facessero da prestanome. Questi contratti prevedevano che, nonostante la proprietà legale delle azione passasse agli investitori, le società offshore di Berlusconi rimanessero i reali beneficiari.
I magistrati scoprirono anche una simile operazione sospetta riguardante il 52% delle azioni di Telecinco, un canale televisivo spagnolo. In quel periodo, la legge antitrust spagnola vietava a chiunque di possedere più del 25% di questo tipo di compagnie. Baltasar Garzon, magistrato spagnolo anti-corruzione, vuole che venga tolta l’immunità parlamentare di cui Berlusconi gode in quanto membro del Parlamento Europeo. A quanto pare sembra che dovrà aspettare ancora del tempo. Per otto mesi, i Ministeri spagnoli degli esteri e di giustizia sono stati protagonisti di una strana disputa su chi spettasse presentare la richiesta al Parlamento Europeo.
Berlusconi è ora sotto processo per falso in bilancio della società Fininvest. Il falso in bilancio serviva per mascherare tutte le altre azioni illegali di cui è accusato. Il falso in bilancio è un reato grave in Italia, punibile con un massimo di 5 anni di carcere [è stato successivamente depenalizzato dal governo Berlusconi nel 2002, N.d.R.]. I magistrati hanno fatto richiesta per aprire un nuovo fascicolo, con le stesse gravi accuse di falso in bilancio, riguardo i conti di gruppo di Fininvest.
Tuttavia, Berlusconi potrebbe essere all’opera per trovare un modo di mettersi in salvo. Il 17 marzo [2001, N.d.R.] ha dichiarato ad un incontro con gli imprenditori che il suo governo, se eletto, avrebbe preso provvedimenti per depenalizzare la maggior parte dei casi di falso in bilancio. Ne consegue che il lavoro dei magistrati potrebbe risultare vano. Tuttavia, nonostante non siano riusciti a risalire alla destinazione finale delle decine di miliardi partiti da varie parti dell’impero offshore segreto di Berlusconi, hanno scoperto dove sono finiti alcuni pagamenti.
Berlusconi ha ottenuto il controllo di Mondadori, il gruppo editoriale, nel 1991 a seguito di una dura battaglia con Carlo De Benedetti, un ricco imprenditore incarcerato brevemente nel periodo di Mani Pulite. Berlusconi è accusato di aver corrotto il giudice della corte di appello, Vittorio Metta, con 400 milioni di lire perché questi pronunciasse una sentenza a lui favorevole nella battaglia contro De Benedetti.
Quando i magistrati iniziarono ad investigare sul caso, scoprirono che Metta aveva pagato con 400 milioni in contanti l’acquisto di un appartamento. Nel febbraio 1991, il mese seguente alla sentenza del giudice Metta, una delle compagnie offshore segrete della Fininvest pagò 3 miliardi di lire sul conto svizzero di Cesare Previti, stretto collaboratore e avvocato di Berlusconi, che era anche Ministro della difesa nel suo governo nel 1994. Dal conto di Previti, i PM hanno rintracciato un pagamento da 425 milioni di lire verso un conto svizzero di un altro avvocato, Attilio Pacifico, il quale lo ha ritirato in contanti nell’ottobre del 1991. Pacifico avrebbe poi passato personalmente la tangente a Metta.
Sebbene i magistrati non abbiano trovato le prove dirette del pagamento in contanti a Metta, ritengono di avere indizi molto pesanti. Un attento esame dei conti bancari di Metta non ha rivelato nessun prelievo da 400 milioni durante il periodo in questione. Neppure le indagini dei conti italiani e svizzeri di un giudice in pensione che, secondo Metta, gli aveva dato 400 milioni in contanti - anche se i conti bancari contenevano effettivamente diversi milioni di dollari. Per questo motivo i magistrati credevano di aver stabilito che Metta avesse ricevuto il pagamento da 400 milioni in contanti dai soldi che Berlusconi pagò a Previti nel febbraio 1991. Lo scorso giugno [2000, N.d.T.], un giudice per le indagini preliminari è stato di diverso avviso. Ha creduto a Metta e ha assolto, di conseguenza, Berlusconi e gli altri imputati, compresi Metta e Previti, per insufficienza di prove. I magistrati sono ricorsi in appello.
Accordi con i giudici
Berlusconi è sotto processo anche per l’accusa di corruzione giudiziaria. I suoi co-imputati, che negano le accuse, sono Previti e Pacifico, e il caso coinvolge nuovamente De Benedetti come parte lesa. Nel 1985 De Benedetti aveva firmato un contratto per acquistare la SME, un conglomerato alimentare, dall’IRI, un grosso gruppo statale. Berlusconi e un altro imprenditore formarono una compagnia per fare un’offerta di acquisto maggiore. Dopo che il tribunale decretò, nel 1986, la non validità del suo contratto, l’accordo tra De Benedetti e l’IRI fallì. In seguito, De Benedetti fece ricorso in appello, dove perse di nuovo.
Una delle accuse contro Berlusconi, che lui nega, è di aver promesso ai giudici soldi in cambio di una sentenza favorevole. Che ciò sia vero o no, esiste una chiara pista di soldi che parte da Berlusconi e arriva a Renato Squillante, un giudice, via Previti. L’Economist è in possesso di documenti che provano il trasferimento, il 6 marzo 1991, di 434404 dollari da uno dei conti svizzeri di Berlusconi a uno di Previti e il 7 marzo, il trasferimento della stessa somma dal conto di Previti al conto svizzero della Rowena Finance, una compagnia panamense. Le prove presentate in tribunale dimostrano che il conto di Rowena Finance appartiene a Squillante. Berlusconi volle nominare Ministro della giustizia il suo buon amico Previti nel 1994, ma il Presidente della Repubblica rifiutò di confermare questa scelta.
Berlusconi non è mai comparso alle 26 udienze tenutesi fino ad ora per questo processo - alcuni recentemente posticipate, visto che i suoi avvocati sono in lizza per le elezioni. Ha fatto richiesta di trasferimento dei giudici visto che secondo lui agiscono con pregiudizio.
Se sarà giudicato colpevole in Cassazione, potrebbe essere condannato al carcere; la prescrizione non arriverà fino al 2008. A differenza del falso in bilancio, sarebbe molto difficile per il suo governo, nel caso vinca le elezioni, depenalizzare la corruzione giudiziaria. Questo processo potrebbe essere unico nella storia d’Italia. Nessun Presidente del Consiglio della storia repubblicana è mai stato imputato in un’aula di tribunale.
Cose di Cosa Nostra?
I problemi legali di Berlusconi non si limitano a Milano. In Sicilia, pentiti di Mafia, soprattutto Salvatore Cancemi, le cui confessioni sono state d’aiuto ai magistrati per incriminare boss mafiosi, hanno mosso accuse molto gravi nei confronti di Berlusconi e del suo amico intimo, Marcello Dell’Utri. Cancemi li ha accusati nel 1996 di essere stati in stretto contatto con i boss di Cosa Nostra che ordinarono l’uccisione del magistrato anti-Mafia Paolo Borsellino, nel 1992.
Dopo due anni di indagini, i PM hanno fatto richiesta di archiviazione. Non hanno trovato prove sufficienti per sostanziare le accuse di Cancemi. Allo stesso modo, un’altra indagine partita dalle dichiarazioni di Cancemi sui rapporti tra Berlusconi e la Mafia è stata archiviata nel 1996, dopo due anni di indagini.
Un’indagine parallela è sfociata nel rinvio a giudizio di Dell’Utri per associazione mafiosa, che lui nega [Dell'Utri è stato successivamente condannato in primo grado per concorso esterno in associazione mafiosa a 9 anni di carcere, tra le altre cose, l'11 dicembre 2004, N.d.R.]. Con l’eccezione di Berlusconi, quasi tutti i testimoni del processo, iniziato nel 1997, sono stati ascoltati. Secondo Ennio Tinaglia, avvocato per la provincia di Palermo che si è costituita parte civile, i PM hanno presentato “prove schiaccianti dei rapporti stretti tra Mafia e Dell’Utri.” Il solo menzionare la Mafia provoca spasmi nervosi ai manager Fininvest. “La Mafia è seconda solo alla pedofilia come crimine. E’ una cosa terribile e di cui ci si dovrebbe vergognare” sostiene Confalonieri, uno degli ex-colleghi di Dell’Utri.
Dunque chi è Dell’Utri? A parte un breve periodo alla fine degli anni ‘70, Dell’Utri, un siciliano, ha lavorato con Berlusconi in Fininvest dal 1974 al 1994. Come capo di Publitalia, l’ala pubblicitaria di Mediaset, era responsabile della sezione che generava entrate di denaro liquido nel gruppo Fininvest. Dell’Utri, membro del Parlamento italiano, fu co-fondatore di Forza Italia e capo della campagna elettorale berlusconiana per le elezioni del 1994.
I magistrati hanno anche fatto richiesta per processare Dell’Utri con l’accusa di cospirazione per diffamare i colleghi magistrati. Ed è anche indagato con l’accusa di aver tentato di corrompere un testimone del suo processo. Un processo del 1996 ha rivelato che Dell’Utri ricevette donazioni, spesso in denaro, dal valore di 4 miliardi di lire da parte di Berlusconi tra il 1989 e il 1993. Mentre Berlusconi non è obbligato a testimoniare al proprio processo, anche se è Presidente del Consiglio, non può sottrarsi a farlo nel processo Dell”Utri. I magistrati lo interrogheranno in merito alla sua lunga amicizia con Dell’Utri. E dovrà rispondere a domande che ha cercato di evitare fino ad ora. Compreso come e perché assoldò per due anni Vittorio Mangano, un mafioso condannato all’ergastolo ed appartenente al potente clan di Palermo, [morto nel 2000, N.d.R.] presso la sua tenuta nei pressi di Milano negli anni ‘70.
Altre domande prioritarie per i PM riguardano le indagini dell’anti-Mafia sulle sue 22 società finanziarie. Non di meno, gli chiederanno da dove le 22 società hanno preso i soldi. Vi saranno anche domande sulla compagnia televisiva siciliana che Berlusconi possedeva in società con una personaggio legato alla Mafia.
Nonostante lui proclami di essere l’archetipo puro dell’uomo che si è fatto da solo, Berlusconi ha avuto bisogno di molto aiuto da parte di loschi figuri. Anche se sostiene di voler prendere il posto del vecchio sistema corrotto, il suo impero è per la maggior parte un prodotto di quel sistema. La sua elezione a Presidente del Consiglio sarebbe uno stimolo a continuare, non cambiare, le vecchie cattive abitudini italiane.
1 commento:
Complimenti questo è un bell'articolo!
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